futanari

Storia di un trans in tre parole

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Darkstupid
view post Posted on 18/4/2010, 14:02




Un giorno una
 
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Black Rose®
view post Posted on 21/4/2010, 10:42




scusa non lo capita
 
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Darkstupid
view post Posted on 21/4/2010, 13:16




è l'inizio di una storia su un trabnsessuale... Un giorno un... continua con le tue paroline
 
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Black Rose®
view post Posted on 21/4/2010, 18:48




un ragazzo decise di
 
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Darkstupid
view post Posted on 21/4/2010, 20:04




Un giorno un un ragazzo decise di diventare donna cosi
 
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Black Rose®
view post Posted on 21/4/2010, 20:17




prese le forbici
 
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thedevilinside
view post Posted on 13/9/2010, 15:52




Ciao a tutti,

decisamente non sono tre parole, ma se vi divertirete a leggerlo e tirerò fuori da voi qualche bello schizzo (maschi o femmine che siate) sarò felice.

Non siate buoni con le critiche o non potrò scrivere meglio di così ;) !!

Un giorno una ragazza facendo shopping in un grande centro commerciale, vide vicino ad una colonna, in un piccolo angolo buio, una bambina...
Con un candido vestito che le arrivava alle ginocchia, un po’ sbucciate piangeva raggomitolata in se stessa…
La ragazza subito intenerita si avvicinò alla bimba, senza capire come l’indifferenza della gente la potesse lasciare lì…
Si era persa forse?
Poverina…

“Ciao mi chiamo Angela, perché piangi piccolina? Hai smarrito i genitori? Come ti chiami?”
La bambina alzò lo sguardo, i capelli biondi, seppur sporchi sembravano quasi luminosi, e gli occhi…
Quegli occhi…
Uno strano colore, che da lontano si sarebbe potuto facilmente scambiare per un azzurro scuro, ad uno sguardo più vicino, si sarebbero rivelati più avvicinarsi un lilla andante.
Angela, rapita da quegli occhi si scosse alla risposta della bambina.
“Io mi chiamo Sara…”
Intenerita Angela continuò:
“Ciao Sara, cosa ti è successo?”
La piccola bimba scosse la testa confusa.
“Non lo so…mi son trovata qui…ho fame…”
Angela tentò dolcemente di avere qualche altra informazione su quella creatura così sola e indifesa, aveva voglia di asciugare le lacrime che le rigavano le guance con dei dolci baci per rassicurarla.
Ma non si azzardava, aveva paura di allarmarla, quelle sue piccole labbra che tremavano…
Avrebbe volute fermarle con un dolce bacio, accarezzare quella piccola testa e poi…

Ma che diavolo stava pensando??

Una povera bimba si era persa, avrebbe dovuto pensare solo ad aiutarla…
Ma ancor più strano lei non aveva mai avuto quel tipo di…attrazione…verso i bambini.
Anzi ne aborrava l’idea con tutte le sue forze…
A maggior ragione era una BIMBA, femmina…e lei non aveva mai neanche giocato con un amica come a volte capitava quando si fanno le prime esperienze da piccoline.

Ancora si ricordava le insistenze di una sua amichetta aveva fatto un gruppo di pigiama party e il fine settimana lo passavano insieme.
Più di una volta l’aveva invitata ad unirsi a loro, ma quando Giorgia, un’altra delle sue amiche, le aveva detto che non vedeva l’ora di vedere la sua “Patatina”, si rifiutò sempre pensando che fosse una cosa da pervertiti.

Ed ora non era lei stessa a fare pensieri così pervertiti??

Si sentiva sporca…sporca come quella caviglia, che saliva sinuosa su quel piccolo ginocchio sbucciato che lasciava strada ad una bianca coscia che timidamente si nascondeva sotto quella gonnellina immacolata…
E sotto quella gonnellina…

Si sentì tirare una gamba dei pantaloni…

La bimba stava richiamando la sua attenzione tirandola per il tessuto dei suoi Jeans stretti a vita bassa.

Se c’era una cosa di cui andava orgogliosa era il suo “culetto”. Non si offendeva se qualcuno le faceva apprezzamento, e se qualcuno in discoteca ballando gli ci fosse caduta una mano sopra lei l’avrebbe mosso invitante, per farsi mordere a fondo da essa.
“Oh, Dio…”
Perché le era così difficile focalizzare l’attenzione su quella bambina?
E perché i suoi pensieri percorrevano solo la strada del Sesso…
Si sentiva bagnata, accidenti…
“Ho fame…”
Sara, si era alzata. La bimba era più alta di quanto Angela immaginasse.
Aveva delle belle gambe slanciate che sparivano sotto il gonnellino svolazzante.
Il vestito era retto solo da due piccole candide spalline, di cui una leggermente allentata mostrava una parte del collo, sotto il suo l’orecchio destro.
Le lacrime le rigavano ancora le guance, ma sembrava essersi calmata un po’.

“Allora, Sara. Dimmi, come fai di cognome? Così andiamo insieme a cercare i tuoi genitori.”
Le piccole e rosee guanciotte si mossero però prima da destra a sinistra, e poi da sinistra a destra, in un timido gesto di diniego.
“Non lo so… Ho fame…”
La situazione era più preoccupante del previsto…
Come avrebbe potuto aiutare quella bambina, se sembrava non ricordarsi neanche il suo Cognome?

Avrebbe potuto semplicemente portarla al centro assistenza più vicino e non pensarci più…
Ma non voleva allontanarsi da lei, ormai si sentiva quasi responsabile.

Avrebbe trovato i suoi genitori, fosse l’ultima cosa che avrebbe fatto!

Il centro d’assistenza più vicino era comunque la prima tappa, far annunciare agli altoparlanti almeno la descrizione della piccola magari sarebbe bastato.

Ma perché non si ricordava nulla?
Le ginocchia sbucciate…forse era caduta.
Forse aveva sbattuto la testa, magari era ferita in maniera grave e non se ne rendeva conto.
Una commozione cerebrale…già non sapeva bene cosa fosse, ma nei film succedeva spesso alle persone che battevano la testa...

“Mi fai male…”

La sua attenzione tornò su Sara, la teneva per mano e la stava trascinando a forza nella sua corsa verso il centro assistenza…

A proposito…Ma dove diavolo era??

Le lasciò la piccola mano per farle riprendere fiato, a dir la verità mancava anche a lei…

Ma quanto era grande questo centro commerciale??

“Ho fame…”
“Ok, smetti di ripeterlo, scusami avrei dovuto farti mangiare subito qualcosa…”

Poco vicino una rosticceria pubblicizzava con i suoi cartelli, quanto i suoi polli fossero ruspanti: “talmente tanto che anche arrostiti avrebbero reso servizio a tutte le gallinelle nei dintorni!!”
A sottolineare il messaggio c’era il disegno, come disegnato da un bambino, di un pollo arrosto, senza testa e senza penne, bello d’orato, con un enorme pene che finiva dritto dritto nel sedere di una gallina che non sembrava troppo infastidita in fin dei conti.

Tentando di non pensare al cattivo gusto del cartello, Angela si avvicinò al bancone, indicandolo a Sara le chiese cosa preferiva.

“Quello!!”

Sara stava indicando, con quelle sue piccole dita, un enorme wurstell che girava lussurioso e grassoccio su uno spiedo che sembrava rosolarlo all’infinito.
Alle sue estremità, colava denso il grasso, che scivolava ad ogni giro scaldato dalle resistenze della piastra.

“Mi dia quello, grazie”

Il Banchista era un tipo grassoccio quanto il wurstell che cuoceva, ma con un espressione decisamente più bonaria.

“Certo bella signorina, glielo preparo subito. ”

La guardò facendole un sorriso gentile di chi è abituato a mostrarsi al prossimo sempre contento del proprio lavoro.
Prese della carta oliata e la poggiò sul piccolo banco dietro di lui, il grembiule da lavoro che aveva addosso gli stava decisamente troppo stretto.
Sfilò delicatamente il wurstell dallo spiedo e lo adagiò sulla carta oliata dietro di lui.

Di spalle sembrava un po’ ingobbito, chissà da quanto tempo faceva quel lavoro…

Aspetta… Aveva sfilato quel wurstell da quello spiedo incandescente a mani nude??
A parte l’igene…avrebbe dovuto avere un ustione di quinto grado, come dicevano spesso nei film.

Probabilmente a foza di fare questo lavoro aveva aumentato il suo grado di sopportazione al cal…

“Lo succhia qui o lo porta via?”
“Come scusi??”

Lui si girò, lentamente.
Aveva sempre quell’espressione bonaria, ma non sapeva perché adesso provava una sensazione sgradevole.

“Ho detto” ripetè lui lentamente, come fa qualcuno abituato a ripetere le cose ai propri clienti “Se lo mangia qui. Oppure devo incartarglielo per portarlo via?”

Aveva capito male…ovvio.

“è per la bambina, lo mangia subito. Grazie mille”

Così quasi con un unico gesto, con la precisione che solo un professionista matura con anni di lavoro, avvolse il wurstell, coprendone ermeticamente la parte posteriore e lasciando fuori solo la punta, ma in modo che potesse essere facile tirarne fuori il resto successivamente.

“Quanto le devo?”
“Ad una bella ragazza come lei con una bambina così dolce, un bel wurstell grande e succulento lo si porge gratis”
Disse strizzando l’occhio verso la bambina.

Angela si allontanò dal bancone, sedendosi su una panchina poco lontana.

Ma che ore erano?
A lei gli orologi non piacevano, e per fare solo un salto al centro commerciale sotto casa non le era sembrato necessario portare il cellulare.

Ma lì non c’era un benedetto orologio neanche a pagarlo oro!!

Sara a fianco a lei aveva ritrovato il sorriso, tra le sue manine teneva quell’enorme wurstell, e come se lo lavorava!!
Lo leccava girandoselo delicatamente con la lingua, ne infilava la punta in bocca, succhiandone il grasso che ne usciva copioso, infine lo mordeva.
Poi tirandone fuori il pezzo successivo ripeteva l’operazione. Il tutto era accompagnato dai suoi piccoli gemiti di soddisfazione.

Le sue piccole gambe ondulavano felici dalla panchina, troppo alta per lei, facendo svolazzare la sua gonnellina.

Chissà di che colore aveva le mutandine?
Angela scosse la testa per mandare via quei pensieri che sembravano inondarle la testa come uno tsunami.

A pensarci bene aveva fame anche lei, avrebbe dovuto prendersi qualcosa in quella rosticceria…
Ma quando si girò a guardare da quella parte non c’era più.
O meglio, era come se fossero in un altro posto, invece del cartello sconcio del pollo ora c’era quello di un negozio di vestiti dove una donna in intimo bianco stava in piedi con un'altra ragazza in intimo nero all’altezza del pube, come se una delle due stesse mostrando le mutandine all’altra. Entrambe ridevano divertite ma nell’espressione divertita di quella quella chinata ad osservare l’intimo bianco della prima, sembrò scorgere negli occhi qualcosa di più…desiderio forse? Magari tra quelle due modelle c’era qualcosa al di fuori di quello mostrato nei cartelloni.

Comunque non le sembrava meno volgare di quello del pollo stupratore…

Un gemito lungo e acuto fu l’annuncio della fine dello spuntino di Sara.

Aveva tutto il visetto sporco di grasso, e le manine sudice d’olio.

Angela scacciò via il pensiero di leccarle via il grasso dal viso, e dalla sensazione che avrebbe potuto provare se quelle mani sporche d’olio fossero scivolate sul suo clitoride.

“Guarda come ti sei conciata” Le disse sorridendo.
La portò di fronte ad uno dei tanti specchi appesi alle colonne tra un negozio e l’altro.
La bimba vide il suo visetto sporco, era tutta unta ed un filo di grasso, denso le si era fermato ad un angolo della bocca, fove forse la sua lingua non arrivava a pulirsi.

A quella vista scoppiarono a ridere insieme.

Una risata di gusto, che Angela non avrebbe voluto smettere mai.

Da quando non si sentiva così bene?

Ridendo entrambe si avviarono verso l’indicazione ‘Toilette’.
Le frecce si inerpicavano su una scala alla quale si accedeva uscendo da una porta laterale nel corridoio, e che portava ad un angusto corridoio male illuminato.
Le frecce si alternavano a distanza di pochi metri tra loro, e sembrava che più andavano avanti e più si avvicinassero tra loro.

Nel corridoio le frecce indicative erano anche a terra e sui muri, e sui soffitti…
E non indicavano più solo una direzione, ma infinite, in un caos totale che le fece girare la testa.

Non capiva cosa che stava accadendo…
Girò su stessa, mentre le gambe ormai non facevano più il loro lavoro di tenerla in piedi.

“Angela cos’hai?”

La piccola, la guardava con uno sguardo preoccupato, erano davanti una porta chiusa con il tipo simbolo della Toilette per signore: il disegno stilizzato, rosa, con un gonnellino e le braccia allargate.
Però questa ‘pupazzina’ sembrava tenere nella mano destra un oggetto lungo e ovale…forse un assorbente?

Ancora una volta pensò al cattivo gusto dei cartelli in quello strano luogo, ormai così lontano, dal centro commerciale sotto casa sua che fin da piccola aveva percorso in lungo e in largo…
Ma dove era finita?
A cosa stava pensando? Certo! Dovevano andarsi a darsi una rinfrescata visto come si era ridotta Sara.
Un motto di ilarità la pervase di nuovo, facendo sparire completamente i pensieri precedenti.

Era preoccupata? Già ma per cosa?

Anzi stava pensando che se non avessero trovato i genitori della bimba, avrebbe potuto farle passare la notte da lei per continuare la ricerca il giorno dopo, avvisando magari anche le forze dell’ordine.
Se fosse successo, avrebbero certamente dormito insieme, avrebbe sentito il calore del suo corpo sul proprio…

Si scosse violentemente, avrebbe voluto prendersi a ceffoni, ma proprio non capiva come potevano solo passarle per la testa, quei pensieri.

Aprì la porta del bagno ed entrò, subito seguita da Sara che la prese per mano.

Il bagno era immenso, irreale, impossibile.
La sua testa negava l’esistenza di un posto simile all’interno di uno, che visto dall’esterno era palesemente più piccolo!!
Interamente coperto di piastrelle bianche, illuminato a giorno da lampadari in stile settecentesco che pendevano gravidi dal soffitto, Angela dovette coprirsi gli occhi infastiditi dal tutto quel candore, dopo l’oscurità del corridoio precedente.
Una fitta e lunga fila di lavelli con rubinetti d’orati correva a perdita d’occhio verso un orizzonte infinito.
Lo stesso numero di cabine chiuse con all’interno W.C. altrettanto candidi erano poggiate al muro adiacente.
Il centro era impudentemente occupato da delle docce aperte, dove in ognuna un cartello scritto in lettere viola avvertiva: “La porta d’entrata sarà chiusa automaticamente all’apertura dell’acqua delle docce, e si riaprirà dieci minuti dopo la chiusura della stessa. Siete pregati di esservi assicurati che le persone all’interno siano al corrente che si sta avviando la presente procedura”.

“Che bello!! Io adoro fare la doccia” Squillò Sara.
Angela non era sicura che quello fosse il posto adatto per lasciarsi andare ad una doccia rinfrescante, certo se era vero quello che diceva il cartello, avrebbero avuto effettivamente un po’ di tranquillità.

E nella sua mente sembrava fossero passati giorni da che aveva cominciato a cercare di aiutare questa piccola bimba spaurita e piangente…

“Ok, diamoci una sciacquata veloce!”
Il buon umore era tornato ad entrambe, mentre decidevano dove appoggiare i propri vestiti.

La scelta cadde su uno dei lavandini poco lontano dalla doccia prescelta.
La bimba si tolse per prima il vestitino, piena di entusiasmo.
Il suo piccolo e candido corpicino, sembrava la cosa più morbida che Angela avesse visto…
Quei piccoli capezzoli rosa che spiccavano dal quel petto non maturo, fecero venire un fremito ad Angela.

Mentre Sara si spogliava, un calore le saliva da dentro…

Non poeteva fare a meno di osservare l’aureola pallida di quei piccoli seni, la linea del collo che scendeva verso il suo petto, la fessura tra le sue piccole scapole che divideva quella bellissima schiena in due perfette metà, e che scendeva poi ripida giù in quelle mutandine bianche, con tanti pois rossi.

E sotto a quei pois…

“Tu non ti spogli?”

Sara era un po’ accigliata, credeva che alla fine la doccia le sarebbe toccato farsela da sola.
“Eccomi!!” Le rispose allegra mentre cominciava a sbottonarsi.
Appoggiata la camicetta passò al reggiseno, lo tolse e lo poggiò vicino al primo capo.

“Che belle” Esclamò sognante li bimba mentre armeggiava con i lacci delle scarpe.
“Ti piacciono?”
“Siii, sono enooormiiii!!” Enfatizzò l’esclamazione allargando le braccia più che potè.
“Posso toccarle?” Aggiunse timidamente subito dopo.
“Solo se poi io posso toccare le tue” Disse indicando quei piccoli capezzoli così prominenti.
“Evvivaaa!!” Sembrava come se le avessero regalato un giocattolo nuovo.
Angela si piegò in avanti fecendo dondolare un po’ i suoi seni in modo che Sara potesse arrivarci.
Quando si chinò un po’ di più sentì però una tensione sulla nuca, come se qualcuno stesse osservando molto da vicino il suo “culetto”.
Scendendo un po’ di più col busto si guardò tra le gambe, ma dietro di lei non c’era nessuno.
Quando rialzò il viso si trovò quasi a sfiorare le labbra della bimba con le proprie.
Si era avvicinata mentre controllava…l’estraneo.
Così vicina al suo viso, si sentì avvampare.
Stava per ritrarsi quando sentì il calore delle mani di Sara avvolgere i suoni seni.
Li accarezzò dolcemente, stringendo poi i capezzoli tra le dita, massaggiandoli, affondando le mani in essi.
Angela rimase immobile, inebriata dal calore di quelle mani, ancora più forte di quanto poteva essere mentre la teneva accompagnandola per i corridoi…i corridoi…di cosa?
Dov’erano?
Cosa stavano facendo.
Che succedev…
I Suoi pensieri caddero in Blackout quando sentì i la lingua della bambina giocherellare con un suo capezzolo.
Sentì i suoi denti morderlo, la sua bocca succhiarlo con avidità.
Quando si staccò da uno fu solo per dare lo stessa trattamento all’altro.

Angela sentiva le sue mutandine appicicarsi contro il suo clitoride umido.
Si sbottonò i Jeans, e li fece scivolare giù fino alle caviglie. Si tolse le scarpe armeggiando solo con i piedi, non voleva staccarsi da quelle morbide labbra e quella soffice lingua che sembrava infondergli calore dall’interno.
Una sensazione mai sentita ed irresistibile stava salendo in lei.
Poco dopo le sue mutandine finirono tra le proprie caviglie.
Lei stessa si stupì che stesse gocciolando.
GOCCIOLANDO!!
In vita sua nessuno era mai riuscito a farla venire facilmente. Ed ora era sicura che senza la giusta concentrazione sarebbe potuta venire senza neanche sfiorarsi!
Così come aveva cominciato Sara smise, lasciando Angela senza fiato.
Cadde seduta sulle fredde piastrelle di quel bagno infinito e brillante.
A quel tocco provò sollievo al suo fiore infuocato.
Cercando ancora di far entrare a forza l’ossigeno in quel corpo pietrificato, si accorse che Sara ora la guardava con una strana aria interrogativa.
“Come mai non c’è?”
Rossa in viso, ed il fuoco dentro riuscì solo a rispondere:
“Non c’è cosa…”
“Questo!”
Sara si girò di spalle e si tolse le mutandine con l’innocenza di un bambino.
Angela ormai aveva rinunciato a respirare...
Di fronte a se vedeva il più bel sedere sia maschile che femminile che avesse mai visto.
Non le interessava più di essere pedofila, lesbica, pervertita, o tutte queste cose insieme.
Voleva solo afferrare quel culetto con forza, goderne della morbidezza.
Morderlo a fondo, assaporandolo piano.
Passare la lingua al centro, giù, fino al suo posto segreto.

Senza rendersene conto le sua dita stavano facendo vibrare il suo clitoride con forza, quasi venne, quando si accorse che mentre Sara si toglieva le mutandine un filo d’umore le seguivano fino a terra, facendo sembrare la sua patatina uan sorta di rubinetto di passione aperto.
Poi si voltò verso di lei, indicandosi il basso ventre.
Ed allora Angela lo vide.

Sopra alla piccola e perfetta Pesca, dove terminava il clitoride e cominciava la vita, una prominenza si alzava senza pudore, pulsante e piena di vita.
Un pene…
UN PENE!!
Quella bimba bellissima e lussuriosa era Ermafrodita.
“Le mie due mamme ce l’hanno tutte e due… Come mai tu non ce l’hai?”
Anche se persa in quel pene piccolo ma turgido, si sforzò di guardare la piccola negli occhi.
Che genere di famiglia aveva?
Due madri??
Forse due ragazze ermafroditi si era incontrate, scoperte entrambe, innamorate ed una aveva messo in cinta l’altra, poi il destino e i geni dovevano aver continuato quest’avventura.

La bimba si avvicinò ad Angela, che non sapeva come rispondere a questa domanda, forse pensava che tutte le ragazze fossero fatte così, magari l’avrebbe fatta piangere rivelandole qualcosa che forse era troppo presto farle sapere.

“Lo vuoi anche tu?”
“Se vuoi posso fartelo crescere, è un sacco più bello se giochiamo tutti e due anche con questo, no?”
Angela non comprese subito quello che la bimba di fronte a lei stava dicendo, ormai le era arrivata così vicina che quel piccolo, turgido pene le toccava le labbra, d’istinto aprì la bocca e Sara smise di parlare.
Cominciò a godere, Angela sentiva quel piccolo pene crescere sempre di più nella sua bocca, lo succhiava avidamente, la sua testa scorreva su e giù accompagnata dai pigolii acuti che uscivano copiosi dalle labbra di Sara.
Salirono di intonazione quando Angela cominciò a masturbare anche il piccolo clitoride che vibrava solitario in una inconsueta cascata di umori.

Anche la sua fichetta era un fiume in piena e una delle sue mani si mosse praticamente da sola, afferrando il proprio clitoride, facendolo vibrare scorrendolo su e giù.

Con la lingua che accarezzava quel piccolo e dolcissimo pene, lo sentì muoversi di scatto. Di solito si incavolava quando un uomo non la avvertiva schizzandole tutto quel schifoso seme in bocca, ma questa volta voleva proprio sentire che sapore avesse.
Come un fiume di lava sentì schizzarsi in gola una quantità impossibile di…cosa? Seme? Non era possibile il sapore era completamente diverso, molto più denso e intenso di qualcosa avesse mai bevuto in generale.
Era troppo…TROPPO!!
Continuava ad uscire e lei continuava a berlo, incessantemente, si sentì riempire lo stomaco.
Si sentiva inebriarsi come mai nessun liquore l’aveva mai fatta sentire.
Si lasciò andare in ginocchio, le mani penzolanti nei fianchi ed il viso immerso nella vita della bimba che continuava ad urlare per l’enorme orgasmo che stavano creando.
Non riusciva a staccarsi, come un bambino attaccato al biberon che beve avido il latte della madre.
Sentì un calore intenso gonfiarsi sempre di più in lei, riempirla in ogni angolo. Come se l’intero suo corpo fosse divenuto un enorme punto erogeno.
Tra le gambe le crebbe una sensazione mai provata, qualcosa che si cresceva, ed era impossibile da trattenere.
Quando esplose, si staccò dalla bambina per urlare.
Con le braccia indietro si tirò con le gambe allargate.
Stava venendo ma con una intensità tale che sentiva dolore allo stomaco. Con lo sguardo appannato poteva vedere schizzi copiosi partire da dentro di lei, ogni volta che ne vedeva uno, le sue membra sussultavano.
Sembrava non finire mai.
Sara si era chinata tra le sue gambe e tentava di bere ogni schizzo, poteva immaginare quel suo piccolo pene che ora strusciava sui suoi umori sotto di lei.

Poi quando sembrava che il fenomeno si stesse attenuando esplose una sensazione ancora più forte, sentì tirarsi la pelle del clitoride, quando poggiò le mani sentì una sensazione nuova.
Tra le sue mani sentì qualcosa crescere, crescere, crescere sempre di più.
Tentò di metterci una mano sopra per fermarlo ma a quel punto gridò ancora e da quella cosa enorme che teneva fra le mani schizzò fuori un enorme quantità di liquido bianco e denso.

Si leccò le dita e notò come il sapore era quello della piccola bimba che ora era seduta di fronte a lei e rideva applaudendo, come se avesse appena finito di vedere uno spettacolo entusiasmante.

Angela si rese conto che quella cosa enorme che le partiva dal basso ventre le passava tra le tette e le spingeva sulle labbra, era un enorme pene.

“Oddio, che è successo?”
“Adesso ce l’hai anche tu, non è stato divertente?? Però ne hai bevuto troppo, guarda quanto ti è diventato grosso!!”Disse indicando quella nuova parte di lei.
“Così non potrai mettermelo nella patatina, uffa!! ”
Poi si avvicinò, si sdraiò su di lei che si era lasciata andare supina cominciò a baciarle la punta leccandola, mentre la sua patatina ne strusciava con forza la base.
Angela ormai non pensava più la sensazione di godimento mista alla stranezza del momento aveva tirato fuori quella parte di lei che aveva sempre represso.
Afferrò la rigirò, mentre lei rideva contenta e cominciò a leccargli la patatina che ancora non aveva smesso di colare.
Sentì le piccole labbra della bambina schiudersi, come un fiore di primavera ricoperto di rugiada si tirò in piedi, e tenendo la piccola in braccio la appoggio sulla sua punta.

La fece scendere piano, mentre entrava in lei, sentiva una sensazione mai provata prima.
Un forte calore la avvolgeva sempre di più, poteva percepire le tante pieghette all’interno del fiore che stava penetrando.
Ogni tanto una contrazione la faceva tremare e le stringeva il membro dandole una sensazione indescrivibile.
Arrivata al limite della bimba, cominciò a farlo entrare ed uscire, prima piano, poi sempre più forte.
Sarà urlava di godimento e ogni volta che Angela la faceva scorrere su e giù schizzi d’umore inondavano quella stanza improbabile.
Percepì venire la bambina da dentro, e questo fu troppo per lei, venenro insieme, gridando.
Quasi caddero.
A terra, entrambe senza fiato nei polmoni esausti, si guardarono…e poi si baciarono…
Le lingue si accarezzarono dolcemente, toccandosi, e ritraendosi.

Poi Sara si alzò dicendo:
“Ciao ciao! Adesso devo andare o le mie mamme si arrabbieranno!”
Si avvicino ad angela dandole quello che sembrava decisamente ‘un ultimo bacio’.
“Mi è piaciuto tantissimo e se dovessi tornare qui avrò una fica coooosì grande da infilarmi tuuuutto dentro il tuo pisellone.”

Si allontanò correndo fuori dal raggio visivo della ragazza, che si ritrovò sola, abbracciata al suo enorme pene.
Il pensiero la fece ridere, poi penso che Sara era andata via senza prendere i vestiti.
Poi il mondo cominciò a tremare.
Si oscurò.
E la sua coscienza si oscurò con lei…
La sua stanza era illuminata dalla fievole luce del mattino.
Odiava svegliarsi presto, ma aveva scelto la facoltà di matematica che aveva dei corsi che non la rendeva molto diversa dalla scuola superiore nella quale era stata fino a qualche anno prima.
Aveva scelto di andare all’università più che altro per allontanarsi da casa.
Così aveva trovato una stanza nella nuova città patria di questa Università.
Aveva due compagne di casa, con le quali andava molto d’accordo, e parlando con altre sue amiche universitarie a quanto pare in questo era stata decisamente molto fortunata.
Sentiva di aver fatto uno strano sogno, ma non riusciva a capire quale.
Una strana sensazione però sentiva salire nelle sue mutandine.
Alzò le coperte e quasi le prese un colpo, si trovò faccia a faccia con una enorme cappella, che vibrava piano secondo i battiti del suo cuore.
Le ci volle qualche secondo per capire che quel mostro proveniva da lei.
Ci appoggiò una mano di lato e la fece scorrere fino in fondo…essì…era decisamente attaccato a lei…
Quella carezza l’aveva fatto gonfiare ancora di più, aumentando quella sensazione che aveva da quando si era svegliata.
Ci strinse i seni attorno e la voglia di leccarlo, fece passare tutto il resto in secondo piano.

Ad ogni leccata il sogno tornava sempre più alla mente.
Ormai si avvolgeva completamente con la bocca, succhiandosi e facendo scorrere entrambe le mani su quell’enorme corpo.

“La colazione è pronta, vieni dormigliona!!”

Rebecca, questa mattina toccava a lei fare la colazione è vero…
Si alzò senza neanche tentare di nascondere quel cazzo mostruoso che le usciva dalle mutandine ormai zuppe, anzi continuava ad accarezzarselo, come se fosse un nuovo tesoro.
A quel punto il suo sguardo, cambiò, una strana luce le illuminò gli occhi e allora rispose:
“Sto arrivando, ho qualcosa di buono per fare colazione”
Con un mezzo sorriso, uscì dalla stanza…ed entrò in cucina…

TheDevilInside (TheOriginal)

P.S.:
Se vi è piaciuto, contattatemi che non vedo l’ora di scriverne altre.
Anzi se volete dare spunti di inizio voi, sarò felice di svilupparli il meglio che posso :)
 
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7 replies since 18/4/2010, 14:02   256 views
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